SE I CANI POTESSERO PARLARE

28/11/2016

Nell’ambito del complesso argomento riguardante la displasia dell’anca e del gomito del cane, troppo spesso si genera molta confusione. Questo avviene sia perché la materia per essere compresa a fondo necessita di istruzione in merito, sia perché, in maniera indubbiamente deleteria, conseguentemente a questo, molte figure professionali tendono a far leva sull’incompetenza di ignari interessati al fine di generare un’opinione distorta. Un’opinione distorta che, sotto al velo del presunto benessere dell’animale, nasconde un interesse ben preciso.

A tal proposito pubblichiamo l’articolo apparso sul numero 130/2002 della rivista Il Cane da Pastore Tedesco, organo ufficiale SAS di cui Piero Alquati, fondatore dell’Allevamento di Valmadrera, è stato più volte Direttore Responsabile.

L’articolo è scritto dall’Avvocato Vera Benini.

Mai… dire mai!

Questa volta il “nemico” degli allevatori e dei programmi di selezione si potrebbe annidare tra insospettabili veterinari.

Nel numero di marzo de “I Nostri Cani”, organo ufficiale E.N.C.I. sono state pubblicate due relazioni tenute al Convegno di Allevatori svoltosi a “La Tollara” il 30/11- 01/12 dello scorso anno.

Mi auguro che molti abbiano letto e riflettuto sulla relazione dell’Avv. Zurlini, che è assolutamente pertinente anche a problemi e discussioni che affliggono la nostra razza: la dicotomia bellezza-lavoro, oltre che da condividere pienamente.

L’altra, invece, a firma del Dr. Aldo Vezzoni, oltre che del Dr. M. Petazzoni, mi ha sconcertato per il suo contenuto e per le sue conclusioni (peraltro in parte contraddittorie ed in parte ambigue) soprattutto visto l’ambito nel quale è stata dibattuta, e viene pubblicata, ed i prestigiosi e delicati incarichi affidati al Dr. Vezzoni in ambito E.N.C.I. o da parte deIl’E.N.C.I. e della F.C.I.

Indubbiamente l’argomento ci riguarda da vicino. Essa tratta, infatti, di quelle patologie scheletriche, ereditarie ed acquisite, che possono pregiudicare la resa atletica del cane da lavoro e, come è ovvio, è incentrata sulla displasia dell’anca.

Dunque, ad avviso del Presidente F.S.A., il Dr. Vezzoni appunto, (che – tra l’altro – presiede anche la relativa Centrale di Lettura di recente creazione e riconoscimento) la displasia dell’anca nel cane sarebbe ” … una patologia dello sviluppo e non congenita… “, alla genesi della quale contribuiscono ” … fattori che … hanno il loro massimo peso nei primi sei mesi di vita” e che ” è diagnosticabile già al quarto-sesto mese di età … ” .

Come a dire, insomma, che trent’anni e più di studi, ricerche e raccolta di dati, effettuati non solo dalla S.A.S., ma soprattutto dalla S.V., sotto la guida del Prof. Brass sono stati un’inutile dispendio di energie. Ancor più inutile ed assurdo sarebbe, poi, l’attuale programma di selezione per allevamento della S.V. quello -per intendersi – in base al quale si ammettono accoppiamenti solo se complessivamente l’indice percentuale di incidenza della displasia è inferiore al XX%. Per non dire che la relazione in questione smentisce e ridicolizza anche le recenti disposizioni E.N.C.I, suggerite dalla C.TC., pur particolarmente caldeggiate dal Dr. Vezzoni, nel duplice ruolo di membro della C.TC. e di Presidente di una Centrale di Lettura alternativa alla nostra, le quali ricalcano in larga parte quelle ormai collaudate da anni dalla SV e dalla SAS, in particolare nella fissazione dell’età minima per la diagnosi di displasia: 12 mesi.

Ma quel che è peggio è che la relazione del Dr. Vezzoni si coniuga – non credo casualmente -con episodi che si vanno facendo sempre più numerosi e che sono da considerarsi allarmanti: per chi si preoccupa di portare avanti un serio programma di selezione della razza, ma anche per chi ama il proprio cane e per chi si affida al veterinario pensando che anche lui voglia esclusivamente il bene dell’animale, così come prevede anche il codice deontologico. Episodi che ad oggi hanno sortito l’effetto pratico di esporre i proprietari a costosi interventi chirurgici su cuccioli dei quali non si potrà più accertare l’effettiva sussistenza della temuta patologia; in qualche caso anche con tutte le ulteriori conseguenze giudiziarie, e di conseguenza economiche, quando, cioè i proprietari afflitti dal costo dell’intervento e delle cure, pretendono di rivalersi sugli allevatori cercando ottenere un risarcimento, peraltro indebito se la genesi della malattia fosse quella indicata dal Dr.Vezzoni.

Credo che la situazione risulti più chiara se racconto la storia di Asso, un simpatico e sanissimo cucciolone che non ha ancora sette mesi, figlio di genitori esenti da displasia, ed entrambi con DNA debitamente registrato.

Asso nasce e vive in giardino dove scorrazza liberamente con i fratelli. E’ un cane fortunato anche perché è atteso ansiosamente da un fraterno amico dell’allevatore al quale era morto il suo vecchio cane. A tre mesi viene trasferito con tutti i riguardi dal nuovo padrone, dove continua a scorrazzare liberamente tra la casa ed il giardino, non dovendo più nemmeno dividere con i fratelli le mille attenzioni che gli umani riservano a chi ama davvero gli animali. Ovviamente viene condotto a periodiche visite veterinarie per le vaccinazioni ed i controlli del caso e così, felice e coccolato, cresce (forse anche un po’ di più di quanto previsto dallo standard), senza manifestare problemi di sorta.

A circa cinque mesi si decide di fare una visita dal veterinario perché la padroncina voleva un prodotto che lo salvaguardasse da pulci e zecche, probabili ospiti dei prati e dei boschi dove Asso scorrazza per buona parte della giornata.

La zelante veterinaria dell’appennino modenese vedendo Asso, suo abituale paziente, si complimenta come al solito per l’equilibrio del cucciolo e le sue condizioni fisiche. Poi getta là un’osservazione sulla rapidità della sua crescita e suggerisce l’esecuzione di una lastra per vedere che le articolazioni non ne abbiano a soffrire.

La padroncina accoglie il suggerimento come un segno di riguardo per Asso. Acconsente all’effettuazione della lastra ed anche alla proposta della veterinaria, che si confessa non particolarmente esperta in materia, di far visionare la lastra da un Professore Universitario, addirittura il Direttore dell’Istituto di Clinica Chirurgica Veterinaria dell’Università di Parma. Asso e la padroncina se ne tornano trotterellando a casa a giocare.

Di lì a qualche giorno un tranquillo dopo-cena viene sconvolto dalla telefonata della veterinaria. Asso ha la displasia: il Professore vuole vederlo, probabilmente dovrebbe essere operato prima possibile “per il suo bene”.

La padroncina scoppia a piangere, Asso -per sua fortuna capisce solo che lei è addolorata. Tra una lacrima e l’altra viene avvertito l’allevatore che di buon grado lo aveva regalato a condizione di essere avvertita di qualsiasi cosa succedesse ad Asso.

La sua reazione è di comprensibile incredulità.. Conosce babbo, mamma e fratelli. Strano, davvero strano che lui…, ma non si perde d’animo. Non conosce il Professore di Parma (o meglio forse lo conosce, ma non le risulterebbe un esperto in cani, piuttosto in cavalli o bovini: non ricorda bene!). In ogni caso è buona amica del Dr. Pareschi e chiede ed ottiene subito la sua disponibilità.

Il Dr. Pareschi legge la lastra ed il problema si dissolve: il cucciolo è sanissimo non ha nulla che possa far pensare che compiuto l’anno di età, il risultato “ufficiale” della displasia non sia “Normal”! Asso ignaro di avere scampato un intervento e relativa degenza per caso (o, meglio, per essere stato allevato da un amica del Dr. Pareschi) continua a giocare nei suoi boschi e nei suoi prati.

La storia potrebbe finire qui, e sarebbe a lieto fine, se l’allevatore non fosse non solo un irriducibile e puntiglioso rompiscatole, ma anche un avvocato dal cui studio era già passata la storia di cuccioli che zelanti quanto incompetenti veterinari avrebbero voluto operare, ma che più accurati ed esperti controlli erano risultati esenti da displasia, o -peggio -la storia del cucciolone, perfettamente sano fino a cinque mesi sottoposto ad un costoso intervento chirurgico, con relativa richiesta di un esorbitante risarcimento all’allevatore, avvertito troppo tardi per far verificare la correttezza della diagnosi e relativa scelta chirurgica. L’epilogo, a dire il vero, è assai poco confortante e meno ancora edificante: mentre il Professore Universitario ammette con il Dr. Pareschi, il proprio errore (e speriamo che eviti di commetterne altri!) che sarebbe consistito nel diagnosticare una medusa (che sembra non possano esistere in un cane di cinque mesi e che -comunque- non c’era), la zelante veterinaria dell’appennino modenese telefona nuovamente alla padrona di Asso, facendo un ultimo tentativo di convincerla che la diagnosi del Professore Universitario è più autorevole, quindi dovrebbe essere più giusta di quella del Dr. Pareschi, che in fondo è un semplice veterinario.

Il tentativo non riesce, ma intanto, dietro a tanto zelo, si intravede un programma di ricerca sperimentale per ottenere dati sugli interventi effettuati in cani ancora in fase di accrescimento.

Insomma il povero Asso ha rischiato di farsi operare “nell’interesse delle scienza”, senza saperlo e, soprattutto, senza averne alcun bisogno, ma consistenti danni economici per il suo proprietario e quantomeno “morali per il suo allevatore.

Mi domando quante storie simili a quelle di Asso si siano verificate o si verificheranno a meno che allevatori proprietari non si facciano parte diligente perché loro ed i loro animali non diventino loro malgrado, cavie per esperimenti scientifici la cui utilità è tutta da dimostrare. Infatti la displasia, quella che si può diagnosticare ufficialmente solo dopo i 12/18 mesi di età e che oggi si propone di eliminare sottoponendo ad intervento chirurgico un cucciolo che non ha finito di crescere, non mi risulta essere malattia né nuova, né riservata ai cani da utilità (vi sono razze da caccia nelle quali ha un’incidenza maggiore che nel P.T.), eppure non mi sembra di vedere in giro cani zoppi.

E’ anzi certo che, salvo casi eccezionali, un cane anche gravemente displasico può vivere fino a tarda età e morire senza avere mai zoppicato sol che il padrone abbia l’accortezza di non farlo appesantire e di fargli mantenere un buon tono muscolare con un adeguato movimento.

Una cura semplice, che certamente non peggiora la qualità di vita del cane e non nuoce alla sua salute, cosa che non si può proprio dire un intervento, relativi anestetici, convalescenza etc.

Sono consapevole di non essere un veterinario, ma in attesa di leggere un’adeguata risposta da altro tecnico della materia, possibilmente autorevole come e più del Dr. Vezzoni, ho creduto doveroso esprimere un mio commento ad una relazione (che risulterebbe essere stata assai poco apprezzata anche nelle alte sfere della SV) augurandomi che l’attenzione degli allevatori possa fermare sul nascere una tendenza che potrebbe portare ad escludere ingiustamente dall’allevamento soggetti sani (come rischiava di capitare al povero Asso) o, peggio, potrebbe portare a far riprodurre soggetti portatori della patologia non più diagnosticabile dopo l’intervento.

Un “piccolo particolare” che sembra essere sfuggito al Dr. Vezzoni fino a quando, ricordandosi di essere un lettore accreditàto dalla FCI e dall’ENCI per la lettura della displasia raccomanda agli allevatori di “sottoporre tutti i riproduttori ad uno studio radiografico definitivo in età adulta (dopo il dodicesimo mese di vita) per poter escludere dalla riproduzione i cani affetti dalla displasia”.

Viene spontaneo chiedersi quali riproduttori: quelli scampati al bisturi dei vezzoniani o quelli sui quali un abile ortopedico é intervenuto in tenera età “correggendo” quello che la natura non aveva ben fatto?

Concludo da “maledetta toscana” quale sono, orgogliosa di esserlo, con una battuta che mi é venuta spontanea e che nasconde un’amara verità: con tutti i guai ed i problemi che si addensano sempre più sulla cinofilia e su chi combatte quotidianamente per mantenere alto il buon nome del nostro allevamento, ci mancavano solo i veterinari “rampanti” a complicare la vita a noi poveri cinofili.

Vera Benini